a) La pianta sacra
Se qualcuno avrà sradicato o avrà
abbattuto un olivo, sia di proprietà
dello stato sia di proprietà privata,
sarà giudicato dal tribunale e
se sarà riconosciuto colpevole
verrà punito con la pena della morte.
ARISTOTELE, Costituzione degli Ateniesi
Se 330 anni prima di Cristo ad Atene si applicava una pena così dura c’erano delle ragioni che oggi non hanno perso alcuna validità. L’ulivo, per tutta l’area del Mediterraneo, simboleggia l’amore per la terra, la pace e la prosperità.
Per cristiani, musulmani ed ebrei questa pianta ha identici valori e in tutti i testi sacri l’ulivo li innalza davanti a Dio.
Per noi italiani, e per il Mezzogiorno in particolare, l’ulivo e i suoi frutti rappresentano le radici di un popolo: radici storiche e culturali, radici del territorio e dell’ambiente rurale, radici della vita e dell’alimentazione mediterranea.
Se ad un cristiano, ad un musulmano o ad un ebreo non possiamo abbattere una chiesa o una moschea o una sinagoga, ai pugliesi nessuno può negare il ristoro dell’anima dinanzi alla bellezza degli ulivi della nostra terra.
Ma questi alberi sanno parlare di storia, di cultura, di vita e di buona nutrizione solo se sanno dialogare con la mente, con il cuore e con gli occhi.
Per avere questa funzione devono essere maestosi, devono possedere un troco scolpito dai secoli e devono possedere una chioma folta, curata, portatrice di ombra ristoratrice e di frutti migliori di qualsiasi medicina.
Chi sostiene, apertamente e in maniera subdola, che queste piante vanno sradicate o distrutte per far posto ai cespugli della moderna olivicoltura intensiva, non è un cittadino degno della nostra terra.
La “Fondazione Agriculture Onslu” nel proprio Statuto afferma che, tra le prime iniziative da intraprendere, vi sono “azioni di tutela e valorizzazione del simbolo della Dieta Mediterranea, ovvero l’albero dell’ulivo, valorizzando le specie autoctone selezionate dagli antenati locali, cioè le piante capaci di donare l’olio migliore perché inattaccabili dagli insetti e dalle malattie, anche per effetto delle ottime pratiche agricole adottate secolo dopo secolo…”
Attualmente la Fondazione ha avviato due ricerche, una relativa alla presenza nella drupa di alcune cultivar autoctone (es. l’oliva “Simona”) di particolari terpeni che non espongono i frutti agli attacchi della mosca olearia (Bactrocera oleae) e un altro lavoro sulla radice di una vecchissima pianta millenaria i cui polloni hanno portato alla luce due alberi fruttiferi, sempre della stessa cultivar “Simona”.
Tuttavia queste attività, per quanto importantissime dal punto di vista delle prospettive della ricerca, devono essere strettamente coniugate con interventi capaci di frenare il saccheggio e la distruzione degli ulivi secolari, aggravata negli ultimi cinque anni dal disseccamento delle piante causato dalla malattia degli ulivi, la xilella fastidiosa.
Con il passare degli anni gli ulivi monumentali vanno diminuendo mentre il loro aspetto tende a peggiorare a causa delle potature sbagliate, per le raccolte scriteriate effettuate con scuotitori che agiscono sui tronchi (danneggiano le radici) e – soprattutto – per effetto dei pesticidi, in particolare diserbanti ed insetticidi.
Nel Salento moltissimi ulivi stanno morendo ma non pochi sono stati salvati grazie a pratiche agricole corrette, concimazioni e irrigazioni ben fatte, eliminazione degli agro-farmaci più nocivi. Sicuramente le potature, le spollonature, le arature e la bruciatura di erbacce e rami secchi hanno aiutato questi processi di rinascita ma tutto questo è avvenuto per volontà dei contadini e degli agricoltori più legati alla terra e alle piante.
La gran parte dei processi in atto hanno un carattere distruttivo e sono orientati da interessi di natura speculativa, mentre le Istituzioni continuano a balbettare senza giungere a definire nessuna strategia per il futuro. Esiste un silenzioso braccio di ferro tra chi considera gli ulivi secolari un freno al progresso produttivo e ai processi di sviluppo e tra coloro che vedono queste piante come delle icone e non per quello che sono: corpi viventi che bisogna rispettare e trattare bene.
Gli ulivi secolari, in un contesto produttivo capace di valorizzare il territorio e l’ambiente, insieme alla storia e alla cultura, sono validi apparati produttivi, soprattutto se la loro coltivazione si integra con quella orticola, come avviene ancora oggi in tantissime realtà o, come avveniva in passato, attraverso la produzioni consociata con frumento o legumi.
L’ulivo è il simbolo di una “dieta mediterranea” che è stata stravolta e calpestata dalle multinazionali e dal consumismo mentre, agendo attraverso strategie capaci di valorizzare la matrice salutistica delle produzioni del territorio, può tornare ad avere un valore produttivo ed economico di eccellenza, sempre che si sia capaci di mettere sul mercato globale prodotti salutistici e non più alimenti tossici.
L’ulivo e l’olio – in questa sfida – giocano un ruolo fondamentale, ed è per questo che la Fondazione assegna un’importanza altissima a tutte le iniziative che si muovono in questa logica, per farla diventare concreta e vincente.
b) Come difendere davvero gli ulivi secolari
La Regione Puglia, con l’approvazione della Legge Regionale n. 14 del 4 giugno 2007 in materia di “Tutela e valorizzazione del paesaggio degli Ulivi Monumentali della Puglia”, ha deciso di classificare come piante monumentali tutte quelle che “hanno un tronco della pianta superiore o uguale a cento centimetri, misurato all’altezza di 130 centimetri dal suolo…”.
Piante del genere, sicuramente plurisecolari, hanno altezze fino a sette – otto metri e chiome che, proiettate sul terreno dal sole di mezzogiorno, possono arrivare a coprire una superficie di cento metri quadrati.
Le istituzioni, nonostante i buoni principi contenuti nelle misure di legge adottate a tutela delle piante monumentali, non sono state in grado di censirle, di tutelarle attraverso immagini di fotogrammetria o di telerilevamento e tanto meno di catalogarle.
Ciò è dipeso dalla cattiva applicazione della norma, che è stata svuotata nel suo carattere fondamentale: “… la Giunta Regionale predispone a aggiorna annualmente l’elenco degli ulivi monumentali e determina le risorse finanziarie destinate alla loro tutela e valorizzazione…” Questa disposizione normativa, dettata dall’articolo 5, non ha mai trovato applicazione e, di conseguenza, l’interesse a registrare le piante nell’elenco regionale è stato bassissimo, specie tra gli olivicoltori in crisi, allarmati per oneri e costi burocratici elevati e vantaggi inesistenti.
c) Cambiare profondamente le logica degli incentivi
Senza assicurare redditi dignitosi ai contadini, gli ulivi secolari sono destinati a scomparire nel giro di alcuni decenni.
Attualmente l’Italia destina all’olivicoltura pochissime risorse, ancorate a parametri a dir poco assurdi: le sovvenzioni della Politica Agricola Comunitaria finiscono esclusivamente nelle tasche di pochi olivicoltori che possedevano particolari titoli ad una certa data (…..), tenendo conto esclusivamente dei terreni posseduti e senza badare a nulla, neppure all’esistenza o meno delle piante.
Ci sono in Italia persone che percepiscono sovvenzioni per uliveti che neppure conoscono o che sono stati distrutti o riconvertiti ad altre colture.
Queste scelte politiche, fatte con spudorata volontà distruttrice, hanno alimentato ruberie e speculazioni, scoraggiando l’olivicoltura di qualità e le buone pratiche colturali: il degrado e l’abbandono sono stati nutriti dallo Stato con incentivi immorali e distruttivi di un settore decisivo dell’economia nazionale.
Fino a quando continuerà questa ruberia di stato, la distruzione degli ulivi monumentali continuerà inesorabile.
Per fermarla esiste un solo modo: riconoscere gli incentivi comunitari, insieme a quelli nazionali e regionali, ai soli operatori che siano capaci di assicurare le buone pratiche, la qualità dei prodotti raccolti e il rispetto rigoroso delle piante e dell’ambiente.
Nel caso della Regione Puglia, in riferimento all’articolo 5 della Legge Regionale sulla tutela degli ulivi monumentali, bisogna prevedere – per tutte le piante iscritte nell’albo regionale – un incentivo speciale ancorato alla esecuzione reale di tutte le buone pratiche agricole, collegato a processi formatici specifici. Allo stesso tempo bisogna prevedere sanzioni assai pesanti per chi intasca gli incentivi e con adempie alle prescrizioni di legge, come ad esempio una sanzione pari a dieci volte la somma percepita indebitamente.
Infine andrebbe stabilita una norma di tutela dei potatori in età pensionabile, prevedendo attività di formazione e lavoro capaci di tutelate la professionalità di queste figure, evitando di costringerle al lavoro nero.
Si tratta di misure indispensabili, se davvero si vuole affermare il bene delle piante monumentali e, allo stesso tempo, un loro rilancio produttivo, anche al fine di dare piena attuazione all’articolo 7 della legge pugliese, che prevede la menzione di “Olio extravergine degli ulivi secolari di Puglia” per i produttori olivicoli che hanno registrato le piante monumentali nell’elenco regionale.
L’insieme delle azioni proposte rappresentano un patto possibile e concreto tra le Istituzioni e gli olivicoltori che con mille sacrifici curano le piante più belle del territorio italiano. Si tratta di un patrimonio che non può essere diradato o disperso. Di un bene inestimabile che la fondazione vuole difendere con energia ed amore.